Memorie e racconti
La storia dell'aziendaLa storia dell’azienda è un racconto che comincia, ripercorrendo le strade sterrate e i sentieri scoscesi, attraverso i quali sfilavano le vacche rosse. Un andare lento, ritmato dal tintinnio delle campane, animato dai latrati dei cani, guidato da voci che, nitide, echeggiavano nel silenzio della notte. E dietro, lo scalpitio dei muli e delle giumente, che avanzavano con il loro carico: quadaruni, tini di lignu, tavuliri, fasceddi di junciu…
Era il tempo della transumanza, quando, all’inizio della primavera, prima dell’alba, ci si metteva in cammino per raggiungere pascoli buoni, ma assai lontani. Le vacche, raccolte intra ‘a mannira , venivano mpasturate e venivano munte. Il latte si quagliava e si facevano i pezzi di formaggio e la ricotta da consumare fresca, “a sali prisu” o stagionata.
A metà maggio, si ritornava nei propri terreni di montagna. Si continuava a quagliare fino alla festa dell’Annunziata ed è proprio in questo periodo che si produceva anche il caciocavallo, non più di sei, otto provole al giorno.
Seguiva “a cacciata”. Sotto il sole cocente della stagione estiva, si guardavano le mucche che, lasciate libere con i loro vitellini sempre appresso, pascolavano nella magra restuccia. E, dopo l’inverno con le sue abbondanti nevicate, che così oggi non se ne vedono più, arrivava il nuovo anno e si ricominciava daccapo.
Allora l’esistenza, la vita di tutta la famiglia, si adeguava alla scansione, sempre identica, dei cicli della natura.
Ed ecco, il momento dello “scontro generazionale”. Un figlio che guarda al futuro e progetta. Si impone l’idea di un cambiamento e inizia a profilarsi l’attuale fisionomia dell’azienda. Innovazioni, adeguamenti, sistemi di allevamento più redditizi. C’è coraggio, c’è caparbietà, c’è lungimiranza, spirito di sacrificio e abnegazione fino all’estremo.
E per noi che abbiamo osservato questo passaggio con gli occhi dell’infanzia, i ricordi diventano nostalgiche suggestioni che nutrono di passione e autenticità il presente.
Non si indovina più chi è Milinciana e chi Russetta. Le mucche sono schierate nella grande stalla, ognuna al proprio posto. E al ritorno dal primo viaggio, quale meraviglia, sbirciando nelle carte che accompagnavano queste “gran signore brune da latte”, provenienti dall’Austria, nel trovare nomi impronunciabili. Ma le vacche sono sempre vacche.
Non ci sono più i secchi di alluminio, colmi di latte che, appena munto, faceva la schiuma ed emanava il dolce odore della sua tiepidità. Ma il latte è sempre latte.
Non si vede più il fumo nero della legna che ardeva sotto i quadaruna. Ma le mani che lavorano la pasta filata sono sempre mani.
Non ci sono più le persone che quel latte e quegli animali li hanno profondamente amati. Ma quando nell’aria si staglia, acre e amaro, l’odore della terra arata, noi siamo felici di riconoscere quell’ odore di sempre e di continuare a vivere e lavorare in quella stessa terra.